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La vera storia dell'Uomo Gatto di Rovigo.

Conosciamo tutti la storia di John Merrick, meglio noto come Elephant Man, grazie al film di David Lynch del 1980, magistralmente interpretato da John Hurt.

In pochi però conoscono l’incredibile storia di Adriano Pasculli Marini, passato alle cronache come l’Uomo Gatto.

Adriano Pasculli Marini nacque il 20 settembre 1890 ad Adria, in provincia di Rovigo, da una facoltosa famiglia di mediatori di cavalli. Fin dalla sua nascita i genitori si resero conto che il bambino presentava strane caratteristiche che vennero inizialmente interpretate come Cheiloschisi, o Labbro leporino. Ben presto però, quando cominciarono a crescere sul suo corpo vistose chiazze di soffice pelo e due protuberanze morbide appena sopra le orecchie, ci si rese conto che il fanciullo presentava incredibili tratti morfologici riconducibili ad un gatto.

Crescendo, queste caratteristiche andarono sempre più accentuandosi fino a trasformare definitivamente il volto del giovane Adriano in quello inconfondibile di un gatto.

Il ragazzo quindi crebbe isolato e protetto dalla famiglia, dimostrando fin da subito una spiccata intelligenza e una raffinata propensione all’arte, e alla scrittura in particolare.

A lui vengono oggi attribuite dagli studiosi alcune delle ultime poesie di Giovanni Pascoli, con il quale tenne una fitta corrispondenza tra il 1908 e il 1912, anno della scomparsa del grande poeta romagnolo.

Completati gli studi primari sempre confinato tra le mura domestiche decise di sfidare il giudizio del mondo trasferendosi nella città di Venezia dove, all’università di Ca’ Foscari, conseguì in pochi anni la laurea in Lettere e Filosofia. Furo anni difficili durante i quali non pochi furono gli episodi di scherno, alcuni dei quali anche violenti, che dovette subire dai compagni di studi e dalla cittadinanza. Uno su tutti, forse il più eclatante fu quando, all’età di vent’anni, fu rapito, incatenato e chiuso in una gabbia e costretto ad esibirsi per alcuni mesi come fenomeno da baraccone in un tendone di un circo tra Parigi e Berlino.

Liberato grazie all’intervento dell’allora ministro degli esteri del Regno d’Italia, Camillo Benso Conte di Cavour, fece ritorno a Venezia e venne incredibilmente accolto dalla popolazione come un eroe.

Gli anni seguenti furono probabilmente i più felici, durante i quali strinse amicizie epistolari con i più importanti scrittori, pensatori e filosofi del suo tempo e scrisse alcuni dei suoi saggi più importanti, uno su tutti il “De antropofeline vitae”, una attenta analisi sociologica sul fenomeno che oggi definiamo discriminazione e bullismo.

A fianco della sua attività di scrittore e saggista va ricordata la sua passione per il teatro, arte alla quale dedicò parte della sua produzione letteraria dando alle stampe diversi testi che si connotavano per una spiccata propensione all’analisi sociale, tramite una scrittura ironica e tagliente.

Nel 1920, all’età di trent’anni decise di trasferirsi a Roma, dove divenne in breve tempo un elegante e colto dandy, richiesto nei più esclusivi salotti, dove era in grado di intrattenere e affascinare con il suo edotto eloquio gli ascoltatori più esigenti, e accompagnare nel tango, il suo genere di ballo preferito, le più sofisticate e ricercate ragazze della capitale.

Ma fu proprio durante uno di questi incontri mondani che accadde l’episodio che gli fece cambiare radicalmente stile di vita e rapporto col mondo, quando ebbe modo di ascoltare inavvertitamente gli sghignazzi di alcuni giovani che si scambiavano i racconti circolanti da anni in città sul suo conto e di come in privato, alle sue spalle, tutti lo deridessero e lo schernissero per il suo aspetto e per il suo stile di vita, considerandolo eccessivo e mirato solo a mantenere la benevolenza del popolo che in realtà lo considerava solo uno scherzo della natura e un vero fenomeno da baraccone, così come gli era capitato di essere trattato in gioventù e come avrebbe dovuto meritarsi.

Da quel giorno Adriano si ritirò in un minuscolo appartamento a Trastevere e tagliò definitivamente ogni rapporto sia reale che epistolare con chiunque. Unico rapporto con l’esterno lo mantenne con una coppia di amici, i più cari e fidati, che gli stettero vicino fino alla fine, aiutandolo con la gestione della vita quotidiana ma soprattutto nella sua ultima grande impresa, che lo condusse in pochi anni alla follia, cercando e distruggendo ogni traccia della sua esistenza, rastrellando in lungo e in largo l’Italia alla ricerca di ogni copia delle sue opere ogni sua immagine.

Di lui si persero quindi nel giro di pochi anni le tracce e la memoria, fino a farlo diventare una leggenda e un ricordo vago e confuso anche nella mente di chi lo conobbe ed ebbe modo di frequentarlo.

Si narra oggi che morì nel sonno all’età di 49 anni e le sue ceneri furono sparse nella laguna di Venezia, città che più lo amò e dove visse gli anni più belli e spensierati della sua vita.

Quella che vi presentiamo oggi è una delle rarissime fotografie dell’Uomo Gatto che sono arrivate fino a noi, e grazie alle nuove tecniche di ricostruzione digitale abbiamo potuto ricostruire quale dovesse essere il suo volto, che oggi vi presento

in anteprima.




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